L’ingrediente migliore di un vino è l’onestà di chi lo produce.
Da “La montagna di fuoco” di Salvo Foti
È un vitigno autoctono che si coltiva solo sull’Etna. L’erudito Domenico Sestini lo descrive per la prima volta nel 1760. Si trova soprattutto nei vecchi vigneti promiscui, insieme al Nerello Mascalese o al Carricante. Il nome Minnedda janca deriva dalla forma degli acini, che ricordano una minna, un seno di donna.
La piante è scarsamente vigorosa, con foglia e grappolo medi, acini piccoli-medi dalla forma caratteristiche, di colore giallo dorato con sfumature verdoline. Matura verso la fine di settembre, quindi prima degli altri vitigni etnei.
Da sempre entra nei vini etnei, che spesso spiccano per acidità o per tannino, ed aiuta ad ammorbidirli un po’.
Un rosato da vigna dal vigneto più alto d’Europa, 1.300 m sopra il mare, e da viti che hanno fino a 200 anni d’età.
Con tutte le sfumature, eleganti e profonde, dei vitigni a bacca bianca più rappresentativi del territorio.
Un bianco etneo sapido e affilato, perfetto connubio fra complessità olfattiva e mineralità gustativa.